Popolazione e consumo energetico: uno squilibrio globale con forti implicazioni future

Analizzando due grafici estratti da Our world in data leggiamo una storia profonda e complessa sul rapporto tra la crescita della popolazione mondiale e l’uso dell’energia. 

Osservandoli insieme, emerge con chiarezza un grande squilibrio: i continenti più popolosi consumano molto meno energia pro capite rispetto a quelli con popolazioni più ridotte ma economicamente più sviluppate

Questo disequilibrio è destinato a giocare un ruolo cruciale nel futuro della sostenibilità globale.

Dal 1971 al 2023 la popolazione del pianeta è passata da circa 3,8 miliardi a oltre 8 miliardi di persone, un incremento impressionante che si è concentrato quasi interamente in Asia e in Africa. 
L’Asia è cresciuta da poco più di 2 miliardi a circa 4,8 miliardi di abitanti, consolidandosi come il continente più popoloso. 
L’Africa, pur partendo da valori più bassi, ha conosciuto il ritmo di crescita più rapido, superando oggi 1,4 miliardi di abitanti. 
Al contrario, Europa, Nord America e Oceania sono rimasti pressoché stabili, con incrementi molto più contenuti. In altre parole, tre quarti della popolazione mondiale vive oggi tra Asia e Africa, le due aree del mondo che però consumano, in media, molta meno energia rispetto all’Occidente.
Il secondo grafico mette in evidenza questa sproporzione. Se si guarda al consumo energetico pro capite, espresso in chilowattora di energia primaria, il divario tra continenti è enorme. Il Nord America guida la classifica con valori attorno ai 60.000–65.000 kWh all’anno per persona, nonostante una popolazione di “soli” 600 milioni di abitanti. Oceania e Unione Europea si collocano su livelli medi compresi tra 30.000 e 45.000 kWh pro capite, mentre in Asia il consumo medio si aggira sotto i 15.000 kWh. In India e in Africa i valori risultano ancora più bassi, spesso inferiori ai 5.000 kWh per persona. Questi numeri raccontano un mondo in cui lo sviluppo economico e il benessere materiale, fortemente legati all’uso dell’energia, sono distribuiti in modo estremamente diseguale.
Se immaginiamo, per ipotesi, che tutti i continenti raggiungessero i consumi pro capite del Nord America, l’impatto sarebbe colossale. Con una popolazione mondiale di circa 8 miliardi di persone e un consumo medio di 65.000 kWh all’anno, la domanda energetica globale arriverebbe a 520.000 miliardi di chilowattora, cioè 520.000 terawattora (TWh) ogni anno. Oggi il consumo complessivo del pianeta si aggira intorno ai 160.000–170.000 TWh, il che significa che, se tutti consumassero come in Nord America, la domanda mondiale triplicherebbe. Una crescita di tale portata sarebbe insostenibile con l’attuale mix energetico, ancora fortemente basato sui combustibili fossili. 

Le emissioni di anidride carbonica si moltiplicherebbero in modo esponenziale, rendendo impossibile rispettare gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi. La pressione sulle risorse naturali aumenterebbe, accelerando l’esaurimento di carbone, petrolio e gas, e generando nuove tensioni geopolitiche per l’accesso all’energia. I paesi in via di sviluppo, pur migliorando i propri standard di vita, resterebbero i più vulnerabili di fronte agli effetti del cambiamento climatico.

Il vero nodo del futuro energetico globale non è soltanto quanto consumiamo, ma come lo facciamo. Per assicurare uno sviluppo equo e sostenibile sarà indispensabile aumentare l’efficienza energetica nei paesi più energivori, accelerare la transizione verso le fonti rinnovabili e favorire la cooperazione tecnologica con le regioni in via di sviluppo, affinché Asia e Africa possano crescere senza replicare il modello occidentale ad alto consumo. Solo bilanciando la crescita demografica con un uso più intelligente e sostenibile dell’energia sarà possibile mantenere il pianeta entro i suoi limiti ecologici e garantire a tutti un accesso equo alle risorse.

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