Microimprese italiane pagano l’energia il 165% in più delle grandi aziende: disparità e povertà energetica al Sud
Dai dati CGIA pubblicati il 1 Marzo si evince una criticità nel costo dell’energia e nella povertà energetica, con il Mezzogiorno in grave difficoltà.
Il divario energetico tra micro e grandi imprese
Le microimprese italiane, che rappresentano il 95% del tessuto produttivo nazionale e impiegano il 42% degli addetti, nel primo semestre del 2024 hanno pagato 348,3 euro/MWh per l’energia elettrica (IVA esclusa), contro i 131,6 euro/MWh delle grandi aziende. Un differenziale del +164,7%, il quarto più alto in Europa dopo Francia (+241,8%), Spagna (+199,6%) e Portogallo (+176,1%).
Le grandi imprese, con consumi tra 70.000 e 150.000 MWh/anno, beneficiano di agevolazioni legate alla riforma degli energivori del 2018, che ha ridotto il loro carico fiscale. Al contrario, le microimprese (consumi <20 MWh/anno) subiscono un peso maggiore di tasse e oneri, che in Italia incidono per il 18,4% sul costo totale dell’energia, contro il 3,5% in Francia e il 9,6% della media Ue (Tab. 3).
L’Italia ha le bollette più care d’Europa
Il prezzo dell’energia per le microimprese italiane è il più alto dell’Eurozona: 348,3 euro/MWh contro una media Ue di 294 euro (+18,5%). Rispetto ai principali competitor:
- +37,9% sulla Francia (252,6 euro/MWh),
- +43,2% sulla Spagna (243,3 euro/MWh),
- +5,8% sulla Germania (329,3 euro/MWh) (Tab. 2).
Il divario è amplificato dai costi di rete e gestione (trasporto, contatore, oneri di sistema), fissati dall’Autorità per l’Energia e non negoziabili nel mercato libero. Per le microimprese, queste voci hanno un’incidenza tre volte superiore rispetto alle grandi aziende (Graf. 1).
Povertà energetica: 5,3 milioni di italiani in difficoltà
Nel 2023, 2,4 milioni di famiglie (5,3 milioni di persone) vivevano in condizioni di povertà energetica (PE), con abitazioni poco riscaldate, scarse risorse per elettrodomestici e bollette insostenibili. Le regioni più colpite:
- Calabria: 19,1% delle famiglie (349.000 persone),
- Basilicata: 17,8%,
- Molise: 17,6%,
- Puglia: 17,4%
Al Sud, il 13,8% delle famiglie è in PE, contro il 5,8% al Centro e il 7% al Nord. I nuclei più vulnerabili sono guidati da disoccupati, pensionati o autonomi, spesso residenti in case con impianti di riscaldamento obsoleti a gas (Tab. 5).
Prezzi in calo nel 2024, ma si prevede una ripresa
Dopo i picchi del 2022 (gas a 233 euro/MWh, energia a 543 euro/MWh), nel 2024 i prezzi sono scesi del -13,8% per il gas e del -14,6% per l’energia.
Tuttavia, negli ultimi mesi del 2024 si è registrata una risalita:
- Gas: 54 euro/MWh a febbraio 2025 (+93% rispetto al 2024),
- Energia elettrica: 152 euro/MWh (+73%)
Le cause strutturali del problema
- Riforma degli energivori (2018): ha agevolato le grandi industrie, spostando il carico fiscale sulle PMI.
- Tasse e oneri: in Italia pesano il doppio rispetto alla media Ue, con voci come incentivi alle rinnovabili (55% degli oneri), tasse ambientali (16%) e sicurezza energetica (9%) (Tab. 3).
- Mercato non regolamentato: le microimprese non hanno potere negoziale sulle componenti fisse delle bollette.
Conclusioni
Il rapporto CGIA evidenzia un sistema energetico squilibrato a favore delle grandi imprese, con microimprese e famiglie del Sud a pagare il prezzo più alto. Per ridurre il divario servono:
- Sgravi fiscali mirati per le PMI,
- Riduzione degli oneri di sistema
- Piani di efficienza energetica per le regioni più vulnerabili.
Fonte: Ufficio Studi CGIA, dati Eurostat, OIPE e GME (2023-2025)
Commenti
Posta un commento