A volte, le nostre abitudini quotidiane sono talmente radicate nella nostra
cultura, nel nostro modo di vivere, che non ci rendiamo conto come un’analitica
valutazione di ciò che facciamo potrebbe farci capire e darci la misura del
nostro impatto sull’ambiente.
Attualmente, per sensibilizzare l’opinione pubblica, sull’importanza di
ridurre gli sprechi di energia, acqua e altre risorse e per diminuire gli impatti dalle emissioni da noi prodotte, il mondo scientifico cerca di trovare nuove strade, si inventa nuove grandezze, che possiamo denominare “user friendly”, per dare immediatamente la
misura dell’impatto provocato da quell’azione dai noi eseguita o quel prodotto da
noi consumato. Impatto che si ripercuote sull’ambiente in cui viviamo.
Una di queste è la Water
Footprint o tradotta brutalmente “l’impronta idrica”, tale concetto permette la
quantificazione di quanta acqua dolce è necessaria per poter eseguire un processo
o per poter realizzare un prodotto che poi viene immesso sul mercato. A livello
internazionale esiste un’associazione, il “Water footprint Network”, ente che ha
diffuso ultimamente la classifica dei cibi con
l’impronta idrica più alta.
Questo importante indicatore è stato messo a punto a livello internazionale
per calcolare la quantità di acqua necessaria all’intero ciclo di vita (LCA) di un alimento; pertanto anche l'acqua impiegata durante la coltivazione e la lavorazione dei
prodotti agroalimentari.
Il calcolo tiene conto anche della disponibilità, più o meno elevata, di
acqua nella zona di produzione. Colture che richiedono molta acqua, piantate in
una regione afflitta dalla scarsità idrica, avranno un’impronta più alta
rispetto alle stesse colture coltivate in aree dove le risorse idriche sono
abbondanti.
La classifica, dei cibi che “costano” più acqua nel loro ciclo
produttivo, vede in cima il caffè.
Per produrre un chilo di caffè sono infatti necessari ben 18.900 litri di
acqua, pari a 130 litri per ogni espresso - ricordiamo che ci vogliono 7 grammi di caffè per un espresso -, ovvero per ogni tazzina consumata.
In classifica i medagliati, oltre al caffè, sono la cioccolata 17.200 litri/kg, la carne di bovino a quota 15 mila litri, ma ce ne sono tanti altri che superano i 10.000 litri /kg
Frutta e verdura hanno un impatto decisamente inferiore,
ma comunque rilevante. Per far arrivare sulle nostre tavole una singola mela
del peso di 150 grammi sono necessari 125 litri di acqua. Un litro di succo di
mela ne richiede 1.140.

Il prodotto alimentare preferito dai napoletani, la pizza margherita,
arriva a costare 1.216 litri. La pasta richiede invece 1.924 litri di acqua per
ogni chilo.
Chiaramente parliamo di acqua dolce, precisazione fondamentale in quanto, benché il
nostro pianeta sia ricoperto per il 71% della sua superficie da acqua, ben il
97,5% delle risorse idriche disponibili è composto da acqua salata, non
utilizzabile in agricoltura e per cucinare.
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